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La morfologia degli afterglow nei raggi X e dell'emissione al GeV collimata nei lampi gamma lunghi

In un nuovo articolo pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, un team di ricercatori dell'ICRA-ICRANet (alcuni dei quali associati all'INAF) fa luce sulla massa e sullo spin dei BH di massa stellare da un'ampia analisi dei GRB di lunga durata

Qual è il destino delle stelle binarie molto massicce? Che tipo di firme/osservazioni sono associate alla loro evoluzione graduale e che tipo di nuove leggi fisiche sono rivelate? Sono queste le domande più rilevanti nell'ambito dell'astrofisica relativistica contemporanea. La risposta a queste domande è intimamente legata alla spiegazione dei fenomeni transienti più potenti dell'Universo, le supernovae (SNe) e i gamma-ray burst (GRB), così come i processi che portano alla formazione di coppie composte da buchi neri e stelle di neutroni (NS-BH), da sole stelle di neutroni(NS-NS), fino a coppie di buchi neri (BH-BH). Sorge quindi una domanda cruciale: quali sono i valori di massa e rotazione (spin) di questi buchi neri e stelle dineutroni?

Un indizio per dare risposte a questa domanda viene da decenni di osservazioni nelle onde elettromagnetiche di binarie a raggi X in cui un buco nero accresce la massa di una compagna di taglia stellare. Dal loro continuo monitoraggio si è scoperto che questi buchi neri hanno masse che vanno ∼ 5-20 masse solari, dove il limite superiore è dato dalla massa del BH ospitato dalla binaria a raggi X Cygnus X-1 aggiornata in tempi recentissimi[1]. Mentre l'origine delle binarie a raggi X è ben stabilita, è necessario concentrarsi per identificare i canali evolutivi che portano all'innesco dei GRB, alla loro evoluzione temporale, così come alle nuove leggi fisiche e ai regimi astrofisici previsti per la loro descrizione.

In un nuovo articolo pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society [2], un team di ricercatori dell'ICRA-ICRANet (alcuni dei quali associati all'INAF) fa luce sulla massa e sullo spin dei BH di massa stellare da un'ampia analisi dei GRB di lunga durata. Un risultato possibile grazie a cinquant'anni di crescita esponenziale delle osservazioni multi-lunghezza d'onda dei GRB e da progressi teorici, tramite i quali è stato possibile identificare il "motore interno" dei GRB e verificare la validità della formula massa-energia del BH stabilita mezzo secolo fa. L'oggetto di studio del paper è un esteso campione di 380 GRB lunghi molto energetici, che hanno mostrato un rilascio di energia almeno pari a 10^52 erg nei raggi gamma e tutti con un redshift cosmologico misurato, e un afterglow nei raggi X. Questi sistemi sono accompagnati da una SN di tipo Ic, cioè una SN prodotta da una stella che ha perso i suoi strati di idrogeno ed elio. Lo scenario del binary-driven hypernova (BdHN) per i GRB lunghi collega ciò che sappiamo dell'evoluzione di sistemi binari con l'astrofisica relativistica di alta energia per spiegare questi fenomeni estremi.

Il sistema progenitore dei GRB è composto da una stella di carbonio-ossigeno (CO) e una stella di neutroni compagna. Durante la sua lunga vita, un sistema binario molto massiccio sperimenta diverse fasi, ognuna caratterizzata da specifici fenomeni fisici e osservabili (vedi lato sinistro della Figura 1). La più massiccia delle due componenti stellari si evolve più velocemente attraverso le fasi di combustione nucleare, portandola a compiere una prima esplosione come supernova, con conseguente formazione di una stella di neutroni. Il trasferimento di massa dalla componente stellare ordinaria alla stella di neutroni porta ad una fase tipica di un sistema binario a raggi X. Ulteriori interazioni tra le componenti del sistema portano a più fasi di inviluppo comune in cui l'effetto di perdita di massa viene amplificato e la stella ordinaria si libera del suo inviluppo esterno di bassa densità, formando una stella CO. L'orbita del sistema si restringe mentre l'evoluzione termonucleare della stella CO procede fino a quando il suo nucleo di ferro diventa instabile rispetto al collasso gravitazionale, formando un nuovo NS (νNS) al suo centro, e innescando un'esplosione di supernova. A questo punto, inizia un transiente molto energetico il cui destino finale dipende in modo cruciale dalla distanza che separa la stella CO in fase esplosiva dalla stella di neutroni compagna. Il materiale espulso dalla SN produce un massiccio processo di accrescimento sulla compagna NS e sulla νNS stessa per ricaduta di materia (vedi Figura 2).

Per le binarie compatte con periodi orbitali dell'ordine di 5 minuti (vedi lato destro della Figura 1), la compagna NS accumula una quantità di materia sufficiente per innescare il suo collasso gravitazionale, formando un BH che produce una peculiare emissione nelle alte energie (GeV) caratterizzata da un andamento della luminosità in funzione del tempo che segue una legge di potenza. L'accrescimento per ricaduta di materia sul νNS e la sua emissione pulsar alimentano l'emisisone X del GRB e il suo afterglow ottico, caratterizzato da luminosità che segue una legge di potenza ma diversa da quella dell'emissione al GeV. Le BdHNe che formano un BH sono state chiamate di tipo I.

Dalle statistiche delle emissioni al GeV finora registrate, è stata dedotta la morfologia del processo di emissione dei GRB: essa avviene all'interno di una regione conica di 60◦ misurata dalla normale al piano orbitale. Nessuna radiazione al GeV è osservabile al di fuori di tale regione conica. L'afterglow nei raggi X è invece presente in tutti i BdHN I, indipendentemente dall'angolo di inclinazione del GRB rispetto al piano orbitale. Questa comprensione dettagliata ha permesso al team di dedurre, dall'analisi dell'afterglow a raggi X, lo spin e il campo magnetico del νNS. L'analisi dell'emissione in GeV ha portato, per la prima volta in circa cinquant'anni di osservazioni di GRB, a valutare direttamente e con precisione la massa e lo spin dei BH prodotti in questi potenti transienti, in particolare per 11 buchi neri, con valori che vanno da 2,3 a 8,9 masse solari e da 0,27 a 0,87, rispettivamente.

Questa tecnica di analisi dei GRB lunghi, originati da stelle binarie molto massicce, fa ampio uso di una descrizione basata sulle quattro interazioni fondamentali: la gravità relativistica e l'elettrodinamica descrivono il "motore interno", le interazioni deboli deboli guidano l'emissione di neutrini nel processo di accrescimento e le interazioni forti modellano la struttura interna delle stelle di neutroni responsabili dell'afterglow osservato nei raggi X.

Dalle osservazioni pionieristiche dello strumento BATSE a bordo del satellite Compton [3], sappiamo che i GRB sono distribuiti isotropicamente quando sono mappati in coordinate galattiche. Allo stesso modo, dopo la scoperta del loro redshift cosmologico grazie a BeppoSAX [4], osservazioni di BdHN I sono state ottenute fino a z = 8,2 (ad esempio GRB 090423 [5, 6]). Possiamo tranquillamente affermare che i GRB, anche grazie alla loro eccezionale energia, hanno un ruolo fondamentale nei processi di astrofisica relativistica nel 95,5% del nostro Universo conosciuto. La loro emissione prolungata di radiazione di sincrotrone polarizzata nei raggi X e nel regime al GeV potrebbe avere un ruolo fondamentale nella vita nel e del nostro Universo. Per quanto finora esposto, è sorprendente la visione degli osservatori LIGO-Virgo secondo cui le stelle binarie molto massicce dovrebbero collassare rapidamente per gravità, evolvere in due BH, attraversare lo spaziotempo del nostro Universo e infine fondersi in un BH più grande. Tale visione evita il ruolo di qualsiasi interazione fondamentale con la sola eccezione della gravità, che sembra in contrasto con il campo dell'astrofisica relativistica.

 

 

 

 

Bibliografia:

[1] J. C. A. Miller-Jones, A. Bahramian, J. A. Orosz, I. Mandel, L. Gou, T. J. Maccarone, C. J. Neijssel, X. Zhao, J. Zi´o lkowski, M. J. Reid, et al., Science 371, 1046 (2021), 2102.09091.

[2] R. Ruffini, R. Moradi, J. A. Rueda, L. Li, N. Sahakyan, Y. C. Chen, Y. Wang, Y. Aimuratov, L. Becerra, C. L. Bianco, et al., MNRAS (2021), 2103.09142.

[3] W. S. Paciesas, C. A. Meegan, G. N. Pendleton, M. S. Briggs, C. Kouveliotou, T. M. Koshut, J. P. Lestrade, M. L. McCollough, J. J. Brainerd, J. Hakkila, et al., Astroph. J. Supp. 122, 465 (1999), astro-ph/9903205.

[4] M. R. Metzger, S. G. Djorgovski, S. R. Kulkarni, C. C. Steidel, K. L. Adelberger, D. A. Frail, E. Costa, and F. Frontera, Nature (London) 387, 878 (1997).

[5] R. Salvaterra, M. Della Valle, S. Campana, G. Chincarini, S. Covino, P. D'Avanzo, A. Fernandez-Soto, C. Guidorzi, F. Mannucci, R. Margutti, et al., Nature (London) 461, 1258 (2009), 0906.1578.

[6] R. Ruffini, L. Izzo, M. Muccino, G. B. Pisani, J. A. Rueda, Y. Wang, C. Barbarino, C. L. Bianco, M. Enderli, and M. Kovacevic, Astron. Astroph. 569, A39 (2014), 1404.1840.

[7] J. A. Rueda, R. Ruffini, M. Karlica, R. Moradi, and Y. Wang, Astroph. J. 893, 148 (2020), 1905.11339.

[8] L. Becerra, C. L. Ellinger, C. L. Fryer, J. A. Rueda, and R. Ruffini, Astroph. J. 871, 14 (2019), 1803.04356.

 

Fonte originale e contatti: ICRAnet website press releases section

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