L’Istituto Nazionale di Astrofisica in prima linea nella previsione delle tempeste solari
Le Coronal Mass Ejections (CMEs) sono grandi eruzioni solari di plasma magnetizzato. Se dirette verso la Terra, esse interagiscono con la magnetosfera terrestre che funge da scudo contro la radiazione solare, indebolendo temporaneamente la sua capacità di deviare le particelle ionizzanti trasportate dalla CME. Queste quindi scivolano lungo il bordo esterno della magnetosfera, in direzione dei poli magnetici terrestri, dove lo scudo è più debole, entrando in contatto con l’atmosfera terrestre. Dalla loro interazione vengono prodotte le aurore polari, spettacolari fenomeni dinamici di luci, forme e colori, solitamente visibili ad alte latitudini . Qualche volta, però, esse si spingono anche a latitudini più basse. È quello che è successo domenica 5 novembre 2023 quando le aurore boreali, prodotte dall’impatto di una violenta CME, sono risultate visibili anche in Italia.
figura 1. Aurora boreale osservata domenica 5 novembre da diverse località in Italia
L’impatto di una CME a Terra è però associata anche ad eventi potenzialmente dannosi per i satelliti in orbita, le telecomunicazioni, i sistemi di navigazione, le infrastrutture a Terra (come le reti elettriche: famoso è il blackout che ha colpito il Quebec nel marzo del 1989). A questi si associano, nei casi più estremi, i possibili rischi biologici per gli astronauti.
La precisa e tempestiva previsione dell’arrivo a Terra di una CME così come il livello di tempesta geomagnetica da essa indotta è divenuta quindi, soprattutto negli ultimi anni, un tema estremamente importante, che ha attirato l’attenzione di molteplici istituti di ricerca, volti a fornire modelli previsionali per questi potenzialmente pericolosi eventi solari. In particolare, l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha creato lo Space Weather Service Network (SWESNET), una rete che ha il compito di collezionare tutti i contributi forniti dai vari istituti di ricerca europei. Nel luglio di quest’anno l’INAF-Osservatorio Astrofisico di Torino ha fornito ad ESA un innovativo algoritmo previsionale (denominato Geomagnetic Effectiveness tool) basato sull’analisi delle misure in-situ delle CMEs acquisite da sonde in orbita intorno al punto Lagrangiano L1, situato a 1.5 milioni di km dalla Terra in direzione del Sole. È il primo per conto dell’Istituto Nazionale di Astrofisica ad essere stato integrato nell’ESA Space Weather Service Network. Il tool sviluppato da INAF-Osservatorio Astrofisico di Torino, nell’ambito della “Heliospheric Space Weather Initiative” – HelioMeteo in breve - che mette a fattor comune collaborazioni con Aerospace Logistics Technology Engineering Company (ALTEC) e Università di Genova, ha permesso di identificare con precisione la CME del 5 novembre circa 9 ore prima dell’inizio della tempesta geomagnetica.
figura 2. Output del Geomagnetic Effectiveness tool: la CME, identificata dalla freccia blu, è stata rivelata in anticipo di 9 ore rispetto all’inizio della tempesta geomagnetica (rispettivamente, linee verticali tratteggiate rosse e blu)
“Questa è la prima previsione di un evento di meteorologia spaziale effettuata da un software previsionale operativo sviluppato dall’INAF per il contributi italiano alla rete operativa ESA di Space Weather” afferma Silvano Fineschi dell’INAF Osservatorio Astrofisico di Torino e responsabile dell’iniziativa “HelioMeteo”.
“La gestione operativa dei prodotti Geomagnetic Effectiveness tool e CME Propagation Prediction tool è a carico di ALTEC. Per le attività di validazione, integrazione degli algoritmi scientifici, inclusi quelli che sfruttano le tecniche di machine learning, e integrazione dei prodotti sul portale ESA-SWESNET, viene utilizzata l’infrastruttura dell’Heliospheric Space Weather Data Center, sviluppata e operata da ALTEC presso la propria sede di Torino” aggiunge Filomena Solitro di ALTEC, responsabile dei programmi del filone di business “Science and Advanced Data Processing”.
Questo risultato dimostra non solo l’efficienza del tool nel prevedere l’imminente impatto di CME a Terra, ma anche come l’uso dei dati in-situ possa essere un approccio vincente nella loro identificazione e nel forecasting della loro potenziale geo-efficacia. Il gruppo di ricerca dell’INAF-Osservatorio Astrofisico di Torino è attualmente impegnato nello sviluppo e prototipizzazione di altri promettenti tool e modelli previsionali. In particolare, sarà capofila, per INAF, dello Spoke Spazio, incentrato sullo Space Weather, nel programma PNRR SPACE IT UP. Inoltre, ha negli anni stretto una proficua collaborazione in HelioMeteo con il Dipartimento di Matematica (DIMA) dell’Università di Genova, per esempio nel contesto del programma AIxtreme, coordinato dalla prof.ssa Anna Maria Massone. Il gruppo, coordinato dal Prof. Michele Piana, impiegherà l’uso dell’Intelligenza Artificiale (AI) nello sviluppo di nuovi e ancora più precisi algoritmi di previsione, esplorando tutte le potenzialità dell’AI in quello che è considerato l’approccio del futuro nella scienza dello Space Weather. “Questa strategia innovativa per la predizione dello Space Weather - dice Michele Piana - è basata sul design di reti neurali che vengono addestrate utilizzando gli archivi della missioni spaziali passate e operative e sono quindi in grado di effettuare previsioni su tutti i tipi di eventi che caratterizzano lo Space Weather, dai brillamenti solari, attraverso il tempo di volo delle CME, fino alle misure di impatto sulla magnetosfera”.